Motivati e intenzionati a fermarsi, riflettere, capire e condividere davanti alla terza guerra mondiale a pezzi. I tre villaggi sulla Pace hanno messo in luce il protagonismo e la voglia di cambiamento dei giovani.

di Paolo Loriga

Indubbiamente, c’è stata una selezione. Le previsioni, con largo anticipo, di pioggia e freddo per l’intera giornata, il fatto che questa volta il 1° Maggio non fosse legato ad un ponte, la stanchezza e il costo di una trasferta per un solo giorno hanno fatto desistere non pochi giovani dal desiderio di raggiungere la cittadella per partecipare alla 52.ma edizione del Primo Maggio di Loppiano. Lo stesso argomento della pace, posto a tema dell’appuntamento, potrebbe aver demotivato alcuni gruppi, ormai saturi di troppe chiacchiere sulla pace (che non c’è) e sulla sessantina di guerre che i presunti potenti del pianeta non riescono a fermare.

Ma i 600 che sono venuti – accolti da 200 coetanei di tante nazionalità presenti nella cittadella – erano davvero motivati e intenzionati a cercare quei “Percorsi di pace” (Il titolo dell’evento), condividendo le domande, le insicurezze, le speranze che si erano portati nello zaino. Non erano in cerca di risposte della politica e della diplomazia, non erano attratti da proposte vaghe su qualche “cessate il fuoco”, né attendevano qualcosa di rassicurante. La peculiarità del programma (come ogni Primo Maggio a Loppiano) stava nel fatto che era stato ideato da giovani per i giovani. Così, la condizione di impotenza e disorientamento davanti ai conflitti li ha spinti a diventare cercatori delle ragioni e dei fondamenti della Pace nella vita personale e in quella dei popoli. Assistiamo a scelte politiche internazionali che stanno conducendo dritti verso un’economia di guerra presentata come unica possibilità per fermare le guerre. E loro non ci stanno, scegliendo una cultura di Pace.

I tre villaggi tematici, che hanno caratterizzato questo Primo Maggio, hanno permesso di mettere in risalto i vari tratti di tale cultura. Ad incominciare dalla “Pace interiore”, passando attraverso la “Pace con l’altro” fino alla “Pace nel mondo”. «Vogliamo fermarci, osservare quello che ci accade intorno, riflettere, condividere idee, proposte e, insieme, trovare strade per agire, diventando artigiani di fraternità e di pace», era la rotta consegnata all’inizio per la navigazione della giornata.  Verbi che rivelano coraggio e determinazione: fermarsi, osservare, riflettere, condividere, trovare, diventare. Rivelatori di un dinamismo interiore e sociale.

Sul palco, non sono state taciute le assenze di pace personale e familiare, risolte poi declinando per sé e verso gli altri lo scomodo verbo del perdonare. Perdonare il proprio passato in modo poi da essere attivi nel “per – donare”, come il titolo del bel testo di una canzone suggellava. E poi laboratori sul dialogo con sé stessi, con gli altri, con le differenze, con la sempre sfidante impresa di apertura, accoglienza, integrazione.

 

 

La nutrita presenza nel villaggio “Pace nel mondo” – con i temi su Intelligenza artificiale e pace, economia disarmata, pace e arte, acqua e tensioni regionali, urbanistica e città da pacificare, pace sequestrata e politica internazionale – ha sottolineato il desiderio di capire dei giovani, la spinta ad allargare gli orizzonti, la voglia di stare dentro i processi. Lo si è colto anche nel programma di apertura della Settimana Mondo Unito, diretta mondiale streaming alle 13,00 per un’ora e mezzo, dove sono state riferite testimonianze di gruppi di giovani dei Focolari in varie parti del mondo, impegnati con iniziative sociali di aiuto agli emarginati e progetti di inclusione, ma pure attivi nel volontariato internazionale e fraternità. Insomma, testa-cuore-mani per esserci e cambiare. Azioni e attori in rete tra loro e con altri, con iniziative locali e visioni globali, con processi avviati che innescano il cambiamento. Non fermeranno ancora le guerre, ma si sta diffondendo una cultura della Pace che sta cambiando comportamenti e scelte. Questi giovani sono già il mutamento che vogliono vedere.

 

Certo, non sarebbe stato il Primo Maggio se fossero mancate musiche, danze, coreografie, nonché canzoni molto orecchiabili e con messaggi chiari e forti sulla pace. Non sarebbe stato il Primo Maggio se fosse venuto meno il contributo di qualche componente della cittadella, dalla competenza dei docenti di Sophia e degli esperti del Polo all’apporto vibrante del Gen Rosso e Gen Verde, così come di altri apprezzati artisti. Non sarebbe stato il Primo Maggio senza la presenza e la collaborazione di vari gruppi e organismi esterni alla cittadella, con cui il cammino è fonte di arricchimento e testimonianza sui percorsi di Pace.

 

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