Quando Papa Francesco atterrò a Loppiano

26 Apr 2025 | Notizie, Storie, Vita

di Tamara Pastorelli

In questi giorni in cui tutto il mondo ricorda Papa Francesco, anche a Loppiano si rivive la forza dell’incontro sorprendente avuto con lui il 10 maggio 2018.

Una nebbia fitta e densa avvolgeva l’altopiano di Loppiano fin dal sorgere del sole. Circa 7.000 persone avevano raggiunto, già dalle prime ore del mattino, i prati antistanti il Santuario Maria Theotokos. Tra loro c’erano i cittadini di Loppiano, quelli del Valdarno, amici della cittadella giunti dalla Toscana, dalle altre regioni italiane, rappresentanti della famiglia mondiale del Movimento dei Focolari. Li riconoscevi per gli abiti tradizionali, colorati e preziosi, indossati in segno di festa. C’erano intere famiglie, tantissimi giovani, sacerdoti, religiosi e religiose, anche un gruppo di monaci buddisti con il tipico “kesa” arancione. Centinaia le testate giornalistiche rappresentate, italiane ed estere. D’altra parte, l’evento era storico: la visita di un pontefice. Per la precisione, la prima in una cittadella del Movimento dei Focolari. L’unica incertezza era proprio quella coltre bianca che limitava la visibilità a pochi metri e che non accennava a svanire: come avrebbe fatto ad atterrare l’elicottero con a bordo Papa Francesco? «Noi eravamo in collegamento con l’abitacolo – ricorda Donatella Donato Di Paola, anche allora, co-responsabile di Loppiano –, e ad un certo punto sembrò proprio impossibile l’atterraggio. Si cominciava già a parlare di un “piano b”, con arrivo a Bagno a Ripoli e varie difficoltà per la sicurezza, quando sentimmo il pilota dire: “Si apre, si apre!”. Così, puntuale alle 10, l’elicottero riuscì a toccare terra sui prati del campo da calcio vicino al Salone San Benedetto!».

Papa Francesco aveva appena visitato Nomadelfia, la comunità fondata da don Zeno Saltini in provincia di Grosseto, dove aveva trascorso un paio d’ore.  A Loppiano fu accolto da Maria Voce, allora presidente del Movimento dei Focolari, Jesús Morán, il copresidente, e da mons. Mario Meini, oggi vescovo emerito di Fiesole.

«Se l’attesa era stata trepidante, quando Papa Francesco è arrivato ho avuto l’impressione che fosse lui ad accogliere noi! Era la persona dei rapporti. Malgrado il protocollo, ci si sentiva subito a proprio agio con lui – racconta Donatella –. Per me il suo saluto è stato come quello di un padre».

Tra la folla, quel giorno, c’era anche Bernhard Callebaut, belga, professore di sociologia presso l’Istituto Universitario Sophia. «Io accompagnavo un gruppo di buddisti della Thailandia. E mi colpì molto una frase che il Papa ci disse: “Qui a Loppiano non ci sono periferie”. Lui vedeva in questa cittadella un luogo, con la presenza di persone di altre religioni o di tradizione laica, dove si poteva imparare il dialogo tra diversi. Vivendo l’unità non nell’uniformità ma nella diversità». E conclude: «Quando qualcuno con la sua autorità ti conferma ciò che cerchi di vivere è una cosa veramente toccante!».

Anche Maria Gaglione, oggi amministratore delegato di E. di C. S.p.A., la società che gestisce il Polo Lionello Bonfanti, si trovava sul prato davanti al santuario Maria Theotokos. «Papa Francesco nel suo messaggio citò anche il Polo, come espressione che attestava l’incisività e la proiezione su larga scala dell’ideale di fraternità che si vive nella cittadella di Loppiano. Capii meglio dopo le sue parole, grazie al mio impegno nell’Economia di Francesco. Ad Assisi, nel 2022, ci sottolineo che la realtà è superiore all’idea. “Le opere sono meno luminose delle grandi idee – ci disse –, perché sono concrete, particolari, limitate, con luce e ombra insieme, ma fecondano giorno dopo giorno la terra“».

Era la prima volta di un pontefice a Loppiano, dicevamo, laboratorio di convivenza e di fraternità, nato dal desiderio di Chiara Lubich di dar vita ad una città, seppure piccola, basata sull’amore reciproco del Vangelo. La sfida che Papa Francesco, quel giorno, lanciò alla cittadella fu di contribuire a «costruire una cultura condivisa dell’incontro».

«È questa spiritualità del noi, quella che voi dovete portare avanti, che ci salva da ogni egoismo e ogni interesse egoistico», disse. Precisando poi che non si trattava soltanto di un fatto spirituale, ma di una «realtà concreta con formidabili conseguenze – se lo viviamo e se ne decliniamo con autenticità e coraggio le diverse dimensioni – a livello sociale, culturale, politico, economico…».  E sottolineò: «Gesù ha redento non solo il singolo individuo, ma anche la relazione sociale. Prendere sul serio questo fatto significa plasmare un volto nuovo della città degli uomini secondo il disegno d’amore di Dio. Loppiano è chiamata a essere questo. E può cercare, con fiducia e realismo, di diventarlo sempre meglio».

Un programma di vita, insomma. «Quest’anno festeggiamo i 60 anni della cittadella e bisogna dire che quelle sue parole sono diventate un riferimento spiega ancora Donatella Donato Di Paola . “La storia di Loppiano non è che agli inizi”, ci disse. Invitandoci ad una fedeltà creativa alle origini, avendo il coraggio di andare avanti e osare con parresia, libertà e umorismo, anche nei momenti più difficili. Guardando a Maria, come ci suggerì, la madre di Gesù. Donna laica e prima discepola. Questa città che è anche chiamata “Mariapoli di Loppiano”, città di Maria, oggi guarda a lei per vivere ancor più il messaggio di accoglienza e speranza che il Papa ci ha incoraggiato a dare al mondo».

 

 

Share This