Religioni in dialogo. Quali effetti significativi?

7 Ott 2022 | Vita

In cerca di risposte tra esperti di varie discipline, si è tenuta a  Firenze il 29 settembre una tavola rotonda organizzata da Sophia, il Centro studenti La Pira e Good World Citizen. Lo spunto dal libro “Religioni in dialogo e carisma dell’unità” del sociologo Callebaut.

 

Esiste davvero il dialogo interreligioso? Dove sta andando? E, soprattutto, serve realisticamente a qualcosa? Domande eteree, queste. Faccende per ristrette cerchie di specialisti. O forse no. Tanto che sono state affrontate in un appuntamento il 29 settembre scorso a Firenze, città pioniera e tuttora una delle punte più avanzate in Italia del tri-alogo interreligioso tra cristiani, musulmani ed ebrei. A convocare l’incontro sono stati l’Istituto universitario Sophia, il Centro internazionale studenti Giorgio La Pira e il Good World Citizen (letteralmente: buon cittadino del mondo), organizzazione fondata a Firenze dall’intellettuale musulmana Haifa Alsakkaf.

A innescare il confronto il libro “Religioni in dialogo e carisma dell’unità” (edito da Città Nuova e Sophia), scritto da Bernhard Callebaut, docente ordinario di sociologia a Sophia. Il titolo della tavola rotonda (“Oltre il dialogo interreligioso”) suonava come una provocazione sul futuro e una verifica del presente. E su questo registro si è interrogato Sergio Givone, filosofo, docente emerito dell’università di Firenze. «Siete sicuri che esista davvero il dialogo interreligioso? Per me è di là da venire, da costruire. Tutte le religioni hanno un messaggio universalistico, ma nella loro storia ha prevalso il conflitto sulla fraternità». E ancora: «Negli anni Sessanta del secolo scorso è iniziata l’esperienza del dialogo, che nasce dal desiderio di conoscere l’altro e scoprire qualcosa che uno non ha». Ma non basta. Per Givone oggi occorre «non fermarsi alle identità religiose ma cercare insieme».

Rita Moussalem ha riferito circa «il contributo delle comunità dei Focolari sperse nel mondo che hanno creato oasi di pace e di dialogo con le persone circostanti, senza alcun proselitismo, ma con un atteggiamento di ascolto e accoglienza, che permette di purificare sé stessi, imparare e arricchirsi. Il dialogo implica un cambiamento del cuore». Docente universitaria e correponsabile del dialogo interreligioso del Movimento dei focolari, ha sottolineato una condizione: «Se non hai una profonda spiritualità, è difficile iniziare il dialogo con un altro». Dalla sua esperienza di libanese, ha consegnato un’avvertenza: «Una cosa è il dialogo nel contesto europeo, un’altra è il dialogo in Medio Oriente, dove i cristiani sono sempre più minoranza ed è sempre più difficile». La strada? «Creare spazi d’incontro tra persone di fedi diverse».

«Siamo in tempi di egoismo assoluto, dove si vuole che i desideri individuali diventino diritti», sostiene Vannino Chiti, già presidente della Regione Toscana e parlamentare nazionale per varie legislature, esponente della sinistra e studioso del mondo cattolico. «Se non si matura un’etica comune, non ci sarà futuro. Oggi, o c’è la fraternità o non ne veniamo fuori». Tanto da puntualizzare che, «in questo, le religioni possono svolgere un grande ruolo, ma c’è bisogno che le religioni siano in dialogo». Nel drammatico contesto attuale, «dove le sfide sembrano già perse», Chiti vede assegnato alle religioni il compito «di indicare che l’impossibile è possibile», citando la poetessa fiorentina Margerita Guidacci: «Non obbedire a chi ti dice di rinunciare all’impossibile. L’impossibile solo rende possibile la vita dell’uomo».

Non ha dubbi Mohamed Bamoshmoosh, yemenita, musulmano, già studente al Centro La Pira, esponente del dialogo interreligioso del mondo fiorentino. «Non dimentichiamo che per gli studiosi il dialogo interreligioso è un dato di fatto. Adesso occorre guardare avanti». Così Sergio Sereni, dei padri scolopi, ha evidenziato che «il dialogo è orientato a salvare la nostra casa comune, ricercando obbiettivi comuni sulla base di valori condivisi, alla luce dell’universalismo dell’amore». «Sulla difesa dell’uomo e dei suoi diritti le religioni sono chiamate a dire parole chiare».

Oltre il dialogo interreligioso, allora? Per il sociologo Callebaut, «il dialogo non serve a sé stesso, è un mezzo», che «produce però un impatto nelle società e i cui effetti vanno studiati sempre più». La sua convinzione è che «un altro mondo è possibile, perché è possibile il dialogo tra diversi». E ha indicato: «È fragile questa idea dell’umanità come unica famiglia, ma va avanti». Dal suo punto di vista, ritiene che «da sola, la Chiesa cattolica non potrà farcela sui grandi temi, dall’ingiustizia sociale all’ambiente», per cui «occorre sempre più lavorare con gli altri, anche se non si è d’accordo su tutto».

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