“Può essere…”

16 Lug 2020 | Vita

16 luglio 1949. Una data che segna un momento fondante nella storia del Movimento dei Focolari. Chiara stringe un patto con Igino Giordani (Foco) e subito dopo inizia un’esperienza mistica, di grande illuminazione. Ricordiamo oggi, 71 anni dopo, quel patto e quell’esperienza che sono ancora attualissimi.

 

Nell’introduzione al piccolo libro di P. Fabio Ciardi “Viaggiando il Paradiso”, Anna Maria Rossi, focolarina linguista, scrive: «Nell’estate del 1949 Chiara Lubich ha ventinove anni, si trova cioè nel pieno della sua giovinezza, ad un’età comunque in cui le coetanee del suo tempo hanno già normalmente compiuto le proprie scelte e si sono avviate ormai sulla loro strada, che sia il matrimonio o uno stato di vita consacrata. Così anche Chiara ha compiuto la sua scelta già da qualche anno: una strada nuova, una forma di vita diversa, una consacrazione ad una vita di comunione sul modello della famiglia di Nazareth, con Gesù presente e vivo ventiquattr’ore su ventiquattro. Una vita appassionante ed esigente allo stesso tempo, che interpella Chiara e le amiche che la condividono a mantenerla sempre accesa e a diffonderla come dono per tutti».

Un anno prima, nel 1948, Chiara si era trasferita a Roma, dove, tra l’altro, il 17 settembre, aveva conosciuto Igino Giordani, parlamentare. Durante un incontro qui a Loppiano, anni dopo, lui ricordò così quel giorno: «Lei mi raccontò la storia di lei e delle sue compagne e io fui commosso dalla esposizione attraente per la sincerità e la carità che rivelavano una straordinaria unione con Dio. Mi ricordo che dicevo allora: “Io non ho più bisogno di prove scritte o stampate sull’esistenza di Dio, perché mi basta vedere Chiara. Credo in Dio perché lo vedo in questa creatura”».

In quegli anni, il ritmo di vita di Chiara era particolarmente intenso, tanto che le fu consigliato di prendersi un periodo di riposo. Decisero quindi di andare in una baita di montagna a Tonadico, nella Valle del Primiero.

Igino Giordani, che Chiara chiamava Foco per l’animo ardente che lo contraddistingueva, le raggiunse in montagna. Innamorato di santa Caterina, aveva cercato sempre nella sua vita una vergine da poter seguire. Conoscendo Chiara, pensò di averla trovata. «Per cui un giorno – è Chiara che racconta – mi fece una proposta: farmi il voto d’obbedienza, pensando che, così facendo, avrebbe obbedito a Dio. Aggiunse anche che, in tal modo, potevamo farci santi come san Francesco di Sales e santa Giovanna di Chantal».

Una proposta che a Chiara risultava incomprensibile: «Io non capii in quel momento né il perché dell’obbedienza, né questa unità a due. Allora non c’era l’Opera e fra noi non si parlava molto di voti. L’unità a due poi non la condividevo perché mi sentivo chiamata a vivere il “che tutti siano uno”».

Ma è a questo punto che succede qualcosa di grande. Quante volte è capitato anche a noi di trovarci di fronte a una richiesta che consideriamo assurda? La prima reazione, in genere, è quella di liquidare rapidamente il nostro interlocutore, magari con un gentilissimo: “Ne parliamo un’altra volta”. Chiara non lo fece. Il carisma dell’unità, che stava già trasformando il suo modo di pensare e di agire, la pose immediatamente in un altro atteggiamento: «Mi sembrava che Foco fosse sotto l’azione d’una grazia, che non doveva andar perduta. Allora gli dissi pressappoco così: “Può essere veramente che quanto tu senti sia da Dio. Perciò dobbiamo prenderlo in considerazione. Io però non sento quest’unità a due perché tutti devono essere uno”».

“Può essere…”, “dobbiamo prenderlo in considerazione…”. È così che Chiara aprì le porte del suo cuore, ancora una volta, a Foco, saltando oltre ogni diversità. È così che il giorno dopo, il 16 luglio 1949, una ragazza di 29 anni, consacrata a Dio, portatrice di un carisma nuovo nella Chiesa, e un politico di 55 anni, scrittore riconosciuto e padre di 4 figli, strinsero un patto che Chiara stessa formulò come una preghiera a Gesù Eucaristia: «Sul nulla di me patteggia tu unità con Gesù Eucaristia nel cuore di Foco. E fa in modo, Gesù, che venga fuori quel legame fra noi che tu sai».

Il legame che ne scaturì fu una realtà inedita: l’esperienza di essere un’Anima sola e trovarsi nel seno del Padre. “Sai dove siamo?” è la domanda che, ci sembra, noi, membri del Movimento dei Focolari, dovremmo rivolgerci anche oggi l’un l’altro, perché l’Opera di Maria può vivere solo se continua a camminare in quel Paradiso, se continua a fare l’esperienza di quella unità: “Tu sei me, vero?” scrisse Chiara a Foco. E poi: “Eravamo uno, anche se distinti”.

Chiara Lubich e Igino Giordani

 Lo scorso anno, Jesús Morán, copresidente dei Focolari, ha parlato, in una breve intervista, dell’attualità di questo patto e di questa straordinaria esperienza.

La piccola storia di baita Paradiso

Lia Brunet, una delle prime compagne di Chiara, racconta: «Lì era nato mio papà Giuseppe e la zia Enrichetta. Il babbo si era poi trasferito a Trento, ma d’estate, da bambina, venivo a trovare la zia. Quando Chiara da Roma ci fece sapere che sarebbe tornata in Trentino e avrebbe voluto passare qualche giorno di riposo in montagna, pensai subito alla baita del babbo e della zia. Ormai era soltanto un fienile, ma con un po’ di fantasia l’avrei trasformata in una reggia. Per me, da bambina, lo era sempre stata, una reggia.

L’adattammo in un attimo. Di fronte alla porta d’ingresso, il piccolo locale che fungeva da soggiorno e da sala da pranzo; c’era addirittura un tavolo. A sinistra, nella parte adibita a cucinino, un piccolo fornello elettrico e a destra un letto, rivestito da una copertina. Al di sopra, nel sottotetto colle tegole a vista che era stato il fienile della baita, delle brandine allineate una accanto all’altra. Tutto qui. Dimenticavo, c’era anche un armadio issato con la carrucola che veniva utilizzata per tirar su le balle di fieno. Non era una piccola reggia? Anzi, sarebbe stata un paradiso: “Baita Paradiso”.

Che festa quando arrivammo quassù con la corriera delle 18.00».

dal blog di P. Fabio Ciardi del 16 luglio 2019

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