Sono 11 i gruppi che si incontrano ogni fine mese nelle varie cittadine del Valdarno superiore per condividere le esperienze sulla Parola di Vita. L’accoglienza delle comunità locali e la freschezza portata dai giovani della cittadella.
Francisco guarda verso sinistra al termine della sua condivisione. Ha raccontato un’esperienza sulla Parola di Vita di gennaio: «Amerai il Signore Dio tuo… e il tuo prossimo come te stesso». Il giovane colombiano cerca lo sguardo di Marta, la sua insegnante di italiano. Lei annuisce con il volto soddisfatto e fiero. Scoppia l’applauso della ventina di persone disposte in cerchio. Sì, perché questo gruppo che si incontra il lunedì sera nell’ultima settimana del mese si rallegra dei progressi compiuti anche in fatto di apprendimento della lingua italiana. I presenti – vari per età, vocazione, formazione – provengono in gran parte da Africa e America Latina, Asia ed Europa. Siamo a Loppiano, alla Claritas, il centro di spiritualità per religiosi, e fa gli onori di casa p. Egidio Canil, il responsabile, un francescano conventuale accogliente e simpatico.
La condivisione delle esperienze vissute sulla Parola di Vita è una pratica in uso nella famiglia dei Focolari fin dai primi tempi. «Vivere la Parola», era l’indicazione e la passione della fondatrice. Ancora sotto la guerra, a Trento, Chiara Lubich iniziò a scegliere un versetto delle Sacre Scritture, a commentarlo per aiutare meglio la piccola comunità a viverlo nella vita quotidiana e poi raccontarsi i frutti della Parola vissuta per crescere insieme e incoraggiarsi reciprocamente.
L’obbiettivo di sempre è quello di farsi plasmare dalla Parola, che evangelizza i singoli e il gruppo, mentre la comunione dei frutti genera progressivamente la comunità e attira nuove persone. Quest’ultime non ascoltano commenti spirituali o fervorini rivolti agli altri. I contributi sono essenziali, cercano di rispecchiare l’indicazione della Lubich, sintetizzata nella formula delle “3 F”. Ovvero, una Frase (quella della Parola di Vita del mese), un Fatto (un avvenimento illuminato da quella Parola), un Frutto (l’effetto concreto dell’amore verso Dio e verso gli altri prodotto dall’atteggiamento interiore).
Nel 2018, il 2 febbraio, arrivò la sorprendente notizia della visita di Papa Francesco a Loppiano il 10 maggio successivo. Gli abitanti si chiesero come prepararsi nel migliore dei modi come comunità oltre all’impegno di vivere la legge dell’amore reciproco. Sorse l’idea di intensificare la vita della Parola e la comunione delle esperienze. Mancavano 100 giorni a quella storica venuta. Furono costituiti gruppi misti per età, vocazione, nazionalità, cultura e fede.
Dopo cinque anni, nel settembre scorso è stata data una più accentuata finalità di “uscita” a questo tipo di riunione. Si sono perciò moltiplicati gli incontri nelle cittadine del Valdarno superiore (da 3 a 11), grazie alla presenza degli abitanti della Mariapoli. È stata così valorizzata anche la freschezza e la sensibilità spirituale della settantina di giovani presenti a Loppiano da ottobre a giugno e inseriti nei gruppi sulla Parola.
«Siamo una dozzina ogni volta e tutti si sentono corresponsabili – spiega Sara Sottani, nella cui abitazione, a Leccio, si tiene l’appuntamento –. Le gen che vengono da Loppiano sono proprio delle anime belle. E quelli di qui sono contenti della testimonianza di queste ragazze». A Paterno, l’appuntamento raduna le persone anche di Pontassieve e Rufina. «Gli incontri non sono venuti meno neanche durante la pandemia – precisa con soddisfazione David Pellegrini –. Abbiamo utilizzato Zoom o Wathsapp. La decina di partecipanti si sente impegnata ad esserci. C’è vitalità e questo suscita interesse in alcuni da poco attirati ad un serata di condivisione di esperienze».
Tre i gruppi a Figline Valdarno. Uno si ritrova nel focolare maschile con una ventina di persone. «È un momento arricchente e attraente di vita di comunità aperto a tutti», racconta Feri Farkas, focolarino ungherese. Gioca non poco la sua contagiosa passione per questo appuntamento, per cui l’incontro si è trasformato in una più ampia serata di condivisione. Chi può, infatti, arriva per la cena. E la tavola imbandita, si sa, favorisce le confidenze.