Le persistenti piogge tra aprile e giugno hanno prodotto il diffondersi della peronospora, un fungo che ha colpito le viti proprio nel momento della loro fioritura, compromettendo la produzione di uva. Meno male che quella giunta a maturazione è di qualità.
Non basta rievocare un vecchio proverbio – «Male comune, mezzo gaudio» –, per attenuare la portata degli effetti in quest’annata agricola. Resta una magra consolazione farsi coraggio per il solo fatto di condividere con altri una medesima avversità. La vendemmia, quest’anno, non è andata bene e l’esito era in gran parte preventivato. Anche la cooperativa agricola di Loppiano ha registrato un raccolto assai modesto. Basta prendere in considerazione la durata della raccolta dell’uva. Servivano sempre di tre settimane. Questa volta è iniziata lunedì 18 settembre e una settimana dopo era già finita.
Il calo di uva rispetto allo scorso anno si aggira attorno al 75 per cento, con le uve bianche più colpite rispetto alle nere. Questo «male comune» lo si registra su tanta parte del territorio nazionale, ad incominciare dalla Toscana. «Ci sono aziende nella nostra regione che hanno rinunciato a vendemmiare, perché non ne valeva la pena», spiega Luigi Castiglioni, presidente di Fattoria Loppiano. E aggiunge: «Varie regioni, dalle Marche e dall’Abruzzo fino alla Puglia e alla Sicilia, hanno chiesto lo stato di calamità naturale. Non ancora la Toscana, alla quale, comunque, abbiamo presentato la domanda per accedere ad un ristoro almeno parziale dei danni subìti».
Il motivo di tanta infelice vendemmia? Non certo, come si potrebbe pensare, il torrido caldo estivo, prolungatosi anche in settembre. La causa è legata ai due mesi di continue piogge tra aprile e giugno, che hanno bagnato la primavera e i vigneti. Tanta acqua ha favorito «la forte infezione della peronospora sulle viti – chiarisce Castiglioni –, che ha coinciso proprio con la fioritura delle viti stesse. Un momento delicato, in cui è stata compromessa la produzione e causato il disseccamento del raspo». Sono evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici.
Si è trattato, insomma, di un’epidemia. «Come tutti i funghi – prosegue il presidente di Fattoria –, la peronospora si alimenta di umidità, specialmente se persistente, e con la nostra scelta di agricoltura biologica i mezzi fitosanitari a disposizione sono limitati e facilmente dilavabili dalla pioggia, lasciando la vite priva di adeguata protezione. Così, sono stati necessari continui interventi con un notevole sforzo economico in termini di manodopera e acquisto di antiparassitari».
Un aspetto positivo tuttavia non manca. «La qualità della produzione, a giudicare dalle analisi preliminari effettuate, promette bene. Ci sono le caratteristiche per un buon vino». Castiglioni si apre ad un sorriso e racconta di un salto di qualità nell’innovazione tecnica. Ad inizio settembre è stato imbottigliato il Chianti 2021 e i vini bianchi 2022, adottando nuovi mezzi ad alta tecnologia, con la sterilizzazione delle bottiglie, la tappatura e l’etichettatura con azoto. Gas che impedisce l’ossidazione del vino, ovvero di venire in contatto con l’ossigeno dell’aria e pregiudicare la qualità del vino. Inoltre – ulteriore novità –, le bottiglie riempite sono state poste in posizione orizzontale su alveoli ondulati per garantire un perfetto affinamento.