Lo scultore Victor Agudelo, dal 6 agosto al 31 ottobre 2022, esporrà le sue opere a Loppiano nella mostra dal titolo “Il Risorto”, che verrà ospitata presso la hall dell’Auditorium. La storia dietro il titolo.
«Mio nonno e mio padre erano artigiani, intagliavano il legno». Chi racconta è Victor Agudelo, scultore colombiano di Medellín. Dal 6 agosto, le sue opere saranno esposte nella hall dell’Auditorium, grazie alla mostra dal titolo “Il Risorto”. Che poi è anche il nome del suo atelier di Baar, in Svizzera. «Per me la scultura non è una professione ma una vocazione» dichiara. Eppure, la sua non è stata una scoperta immediata. Ha avuto bisogno di tempo e anche di diverse esperienze, prima di prenderne consapevolezza.
Victor ha vissuto a Loppiano, ha studiato musica e ha fatto parte, per circa tre anni, della band del Gen Rosso. «Mentre abitavo a Loppiano ho lavorato con Ciro, Roberto Cipollone. Ho imparato tanto da lui. Quando ho lasciato il Gen Rosso, nel ’92, ho studiato ancora per due anni musica. Ma ad un certo punto mi sono fermato e mi sono chiesto: quale è il mio talento naturale? Cosa so fare meglio? E la risposta è stata: la scultura».
Così, il suo percorso continua a Firenze, presso l’istituto d’arte, dove studia scultura per tre anni. Poi, si trasferisce in Svizzera, conosce Patrizia, si sposano e hanno due figli.
«Allora, facevo lo scultore ma non sempre a tempo pieno. Ho avuto bisogno di tempo per integrarmi. Ho fatto anche il casalingo. Ho collaborato con due ditte di restauro, a Zurigo e a Lucerna, mettendo in pratica le tecniche imparate. Finalmente, è arrivata la prima mostra, poi una seconda e una terza…».
Nel 2004, Victor, che condivide il carisma dell’unità, scrive a Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, per chiederle un nome per il suo atelier. Un nome che possa essere anche una missione. Racconta: «Nella sua risposta leggo “il Risorto”. Un nome gigantesco per me che mi sentivo piccolo… Quel nome è stato un peso, per molti anni. Dieci!».
È il 2014, a Victor viene diagnosticato un cancro. Operato d’urgenza, gli viene asportata la metà del rene sinistro. «Mentre ero in terapia intensiva, dopo un’ora dall’operazione, ho avuto una crisi cardiaca. Me ne sono accorto. Stavo morendo. Era tutto finito. E mi sono rattristato tanto, perché avevo i miei figli e Patrizia -. Fa una pausa – Dall’altra, vivendo questa spiritualità, avendo fatto l’esperienza di vita evangelica di Loppiano… diciamo che ero “allenato” a fare la volontà di Dio. E mi è venuto spontaneo di dire, come Gesù: “nelle tue mani consegno il mio spirito”».Di fatto Victor muore, solo per alcuni minuti. Viene rianimato. «Quando sono tornato, mi sentivo come Lazzaro. Uno che era morto e che poi è tornato a vivere…».
Victor sperimenta un periodo di grande fragilità e fecondità creativa insieme. Ricomincia a scolpire. Capisce che gli è stata donata la possibilità di ricominciare. Di vedere con occhi nuovi. Ora, anche quel nome dato dalla Lubich al suo atelier gli risulta più comprensibile. Per tre mesi vive in uno stato di particolare sensibilità: «Vedevo tutto in un’armonia, in un modo in cui non lo avevo mai visto prima… Anche il dolore. Le opere di quei giorni sono un po’ speciali».
Oggi, a Victor rimane una cicatrice di 28 centimetri e, da uomo di fede, la consapevolezza di aver ricevuto un dono: la possibilità di raccontare attraverso le sue opere quella speranza che viene per l’umanità dalla Resurrezione di Gesù, “che ha fatto nuove tutte le cose”. E poi:
«Ho imparato che prima dell’arte vengono le persone, la cura delle relazioni. Anche cucinare per la propria famiglia, se fatto con amore, può diventare un’opera d’arte».
Ecco qualcosa dell’artista che ha creato le 80 opere che saranno esposte a Loppiano. E conclude: «È anche un modo per dire il mio “grazie” alla cittadella e ai suoi abitanti che sono stati importanti per me, perché mi hanno fatto crescere nella fede e credere nella fraternità».