Il 7 dicembre 1943, Chiara Lubich si consacrò a Dio. Un gesto privato da cui presero avvio, in modo del tutto inaspettato, il Movimento dei focolari e tante storie di giovani. Come quelle di Colomba, musicista coreana, e di Pierre, amministratore d’aziende.
Correva l’anno 1943. Anzi, aveva quasi terminato la sua affannosa corsa in mezzo alla guerra, quando, il 7 dicembre, una ragazza compiva un atto privatissimo, senza pubblico e senza selfie. Trento, ore 6,00 del mattino, pioggia e freddo. Una Messa celebrata dal padre cappuccino Casimiro Sonetti. Chiara Lubich si consacrava a Dio per sempre. «Io mi sposavo, sposavo Dio», ha raccontato tante volte la Lubich. Non sapeva, la 23enne maestra, che la cerchia si sarebbe allargata, coinvolgendo migliaia di persone nella consacrazione a Dio, e che sarebbe nato il Movimento dei focolari. Quel 7 dicembre ha, da allora, una ricchezza di significati nella vita di chi ha seguito la fondatrice.
Ha la nota lieve e armoniosa di Colomba Bai, musicista e compositrice coreana. «Dio mi ha creata, mi ha scelta, mi ha accompagnata e, adesso, è Lui che mi consacra. Non sono io che mi consacro a Lui. Io cerco di ricambiare il Suo amore». Tutto appare semplice per questa focolarina che il 7 dicembre farà, a Castel Gandolfo, un passo per sempre. «È una grazia che fa diventare sacra la vita di una donna normale come me».
Studi di composizione, insegnante di pianoforte, terza di sei figli, un fidanzato. Un grande e prolungato dolore in famiglia. Tutto vacilla, è difficile, misterioso. Una luce: «Gesù ha preso su di sé tutti i dolori del mondo, anche i miei». «Mi chiamava ad un rapporto più personale con Lui, provavo una pienezza particolare e si è fatta strada la mia vocazione».
Da 9 anni fa parte del complesso musicale Gen Verde. La lotta tra la scelta di Dio e quella della musica è un ricordo lontano. «L’arte è un suo dono e vorrei utilizzare al meglio la musica per far arrivare l’amore a tante persone che hanno sete di Dio». Per Colomba, il significato del 7 dicembre «va oltre la consacrazione, è l’invito a tutti di mettere Dio al primo posto, a donarsi sempre agli altri». Gli occhi neri le brillano: «Nella Messa della consacrazione, canterò e suonerò con il Gen Verde. Così potrò dare tutta me stessa».
Altro timbro, altre vicende per Pierre Le Vaslot, che estrae parole quiete e dense dallo scrigno del suo vissuto di quasi 60 anni di vita di focolare. È un pace interiore, la sua, che poggia sulla guerra. «Sono arrivato a Loppiano nel 1964, poi tre anni in focolare in Algeria e dal 1969 in Libano». Nel 1975 «c’era guerra piena a Beirut. La situazione in novembre è peggiorata e Chiara Lubich ci ha chiesto di raggiungerla a Roma. Il 7 dicembre, un grande attentato a Beirut. L’8, mi sono consacrato a Dio per sempre in Gesù abbandonato. E mi sono consacrato per quel popolo, per chi soffre, per la pace. Provai grande dolore e grande gioia in quel giorno».
Francese della Normandia, laurea in economia a Parigi, dirigente aziendale in Libano, dal 1985 vive a Loppiano. «L’offerta della mia vita per la pace resta valida ancora oggi. La offro anche per la riconciliazione tra i patriarcati ortodossi di Istanbul e Mosca». Dall’alto dei suoi 84 anni, il 7 dicembre significa adesso: «Abbandono totale di me a Dio. Abbandono nella sofferenza, fin che siamo sulla terra. Ed è il mezzo attraverso cui Lui si manifesta a me, si comunica all’umanità per donarci la vita della Trinità, dove il Figlio è totalmente abbandonato al Padre e altrettanto il Padre verso il Figlio. L’essenza di Dio è l’amore, l’essenza dell’amore è la sofferenza offerta che genera vita».