Condividiamo l’esperienza di fede fatta da Junwoo Jung, venticinquenne della Corea, durante la Scuola Gen. Parla di Dio, di suo nonno, della famiglia e dell’Amore. Ascoltiamola direttamente dalle sue parole.
«Credere in Dio non è mai stato facile per me. Ho sempre voluto capire Dio con la testa. Ma Dio non è qualcosa che si può capire con la testa. E meno male. Attraverso il focolare ho capito che c’entrava con l’amore. Vorrei condividere con voi come, qui a Loppiano, ho conquistato il mio rapporto con Dio. Però, devo cominciare raccontando la storia di mio nonno, il padre di mia madre.
Mio nonno era birichino, ma anche un cattolico osservante. L’ho sempre sentito come mio amico. Quando ha lasciato il suo lavoro, ha deciso di impegnarsi con tutto sé stesso in parrocchia, insegnando la Bibbia nella chiesa, in campagna. Dopo 12 anni, ha cominciato a non stare bene, aveva un male ai polmoni ma non è voluto andare in ospedale. Perché per lui questo era un segno di Dio, che la sua missione stava per finire, e che era arrivato il tempo di partire. Un giorno, è svenuto, da solo, in casa. In quel momento, ha pregato: “Non adesso Dio. Devo salutare la mia famiglia.” Fortunatamente, è stato trasportato in ospedale e ha potuto trascorrere due settimane con la nostra famiglia, prima di partire per il Paradiso. In quei giorni, fra noi, c’era soltanto amore.
Questi ultimi momenti di mio nonno mi hanno aiutato a pensare a Dio. Per me, che non potevo capire Dio con la testa, la messa era solo un rito obbligatorio. Andare a messa senza la fede a cui mio nonno aveva dedicato la sua vita, mi generava un senso di colpa. Provavo dispiacere per lui, così ho iniziato a non andare più in chiesa. E sono entrato nell’esercito.
Dopo due anni, finalmente, ho finito il servizio militare. In questi due anni senza Dio, ho sentito tanto vuoto dentro di me. E volevo cambiare… Mi sono ricordato di una frase: “Dio è amore.” Se non potevo capire Dio, però capivo che c’era una forza dentro l’amore. Ho cominciato a credere all’amore invece che a Dio. E ho ricominciato ad andare a messa. Quando leggevo la Bibbia, per capire meglio quello che leggevo, mettevo “amore” invece di “Dio”. Non riuscivo a credere interamente a Dio. Ma attraverso l’amore per gli altri, potevo capire un po’ di più Dio. Così, ho voluto vivere la mia vita solo per l’amore. E ho deciso di venire a Loppiano.
Il tempo a Loppiano è volato. Le lezioni al mattino, il lavoro al pomeriggio. Alla sera, trascorrevo il mio tempo con i miei fratelli della Scuola Gen. Così, per giorni, settimane, mesi.
Un giorno, abbiamo meditato su: “quale esperienza mi ha costruito”. Ho ricordato le ultime due settimane con mio nonno. Dopo la meditazione, mentre tornavo a casa da solo, sotto la pioggia, ho sentito all’improvviso che quelle due settimane erano state veramente un dono di Dio. Veramente, in quei giorni avevamo avuto Gesù in mezzo fra di noi. Ho capito anche che mio nonno non era soltanto partito per il Cielo. Lui era morto perché io potessi avere la vita. Attraverso lui, potevo cominciare il mio rapporto con Dio.
Subito, sono andato in cappella nella Theotokos. Ho cominciato a ringraziare Dio davanti all’Eucarestia. Proprio in quel momento, una luce ha illuminato il tabernacolo. Ho sentito la presenza di Gesù. Ma anche una connessione con mio nonno. Dio ha rivelato la sua esistenza a me che ho sempre dubitato. Ho subito pregato e ringraziato. Ho anche parlato con mio nonno. Veramente lo potevo sentire. E ho potuto ringraziarlo del suo aiuto, perché senza di lui, io non sarei mai arrivato a Loppiano. Quando sono uscito, c’era un bell’arcobaleno. Era come una risposta e un sorriso di mio nonno. Dopo questa esperienza, la Scuola Gen per me è stata piena di grazie. L’Amore basato sulla fede mi ha aiutato tantissimo».