Il 14 marzo ricorre il 13° anniversario della morte di Chiara Lubich. Cogliamo questa occasione per rivolgere alcune domande a due persone che possono aiutarci a conoscerla e a scoprire come il suo carisma parla a noi oggi: Lucia Abignente, storica, autrice del libro “Qui c’è il dito di Dio”, e Donato Falmi, scrittore e giornalista, membro del comitato scientifico che ha curato il recente convegno “Oltre il ‘900 – Chiara Lubich in dialogo con il nostro tempo”.
Dopo aver visto il film “Chiara Lubich, l’amore vince tutto”, rimane la sensazione, per chi ha conosciuto Chiara nell’ultimo tratto della sua vita terrena, di scoprirla un po’ di più nella disarmante semplicità della vita del Vangelo, che è stata una nota caratterizzante di quei primi anni. È la stessa semplicità che percorre le pagine del libro “Qui c’è il dito di Dio”, che illustra il suo rapporto con l’arcivescovo De Ferrari. Lucia, cosa diresti per descrivere quella Chiara degli anni ’40 e che dice a noi oggi la sua esperienza di allora?
Parli di disarmante semplicità della vita evangelica nei primi palpiti del Movimento dei Focolari. È vero. Penso, però, che dobbiamo comprendere bene tale semplicità per non renderla banale. Il film ha mostrato la squisita schiettezza, la naturalezza con cui queste giovani vivevano il Vangelo; anzi, accogliendo il dono di Dio, lasciavano che il Vangelo “le vivesse”, penetrasse il loro essere nelle piccole-grandi scelte o realtà della vita quotidiana. La testimonianza di una certa “facilità” nel riferirsi al Vangelo – il che rivela esercizio – appariva nel film, conformemente alla realtà, strettamente legata all’annuncio fatto con “parresia”, senza timore, nella certezza della verità evangelica. La disarmante semplicità rivela così una fede solida, capace di coraggio, di andare controcorrente, di compromettersi: non dimentichiamo che l’accesso alla Scrittura era al tempo limitato o addirittura impedito ai laici…! Tale radicalità e coerenza vengono, nell’animo di mons. de Ferrari, a “disarmare” le accuse.
L’esperienza di Chiara e del primo gruppo attorno a lei ha tanto da dire a noi oggi. Ricordiamo la consegna data un giorno da lei ai focolarini e pubblicata, all’indomani della sua dipartita, su “L’Osservatore Romano”: «Avverto nell’anima un pensiero che ritorna: lascia a chi ti segue solo il Vangelo», che «resterà sempre» e «non subisce l’usura del tempo» (cf. Mt 24, 35). Nell’affidare questo, Chiara richiamò proprio l’esperienza iniziale a Trento. Diceva: «Quello però che sempre dovremo fare sarà tornare costantemente all’inizio del Movimento e ricordare come Dio ci abbia offerto la preziosissima chiave per entrare nel Vangelo». La riteneva, infatti, imprescindibile, «necessaria sempre, quale punto di partenza per accendere la vita evangelica in tutto il mondo».
Il coraggio evangelico che ha permesso la nascita del Movimento ci interpella a rispondere con nuova gioia e radicalità al dono ricevuto.
Recentemente si è svolto il convegno “Oltre il ‘900”, con la partecipazione di importanti relatori che hanno approfondito il pensiero di Chiara Lubich, ponendolo in dialogo e a confronto con grandi personalità del secolo scorso. Donato, puoi dirci quali aspetti della sua figura sono venuti particolarmente in rilievo? Quale strada indica oggi il carisma di Chiara Lubich alle donne e agli uomini di questi travagliati anni ’20?
Il convegno, che è stato premiato con medaglia del Presidente della Repubblica Italiana, ha cercato di leggere in modo ravvicinato l’esperienza e il pensiero di Chiara nel contesto del secolo XX nel quale ha, quasi per intero, vissuto. E per fare questo ha cercato di mettere in rapporto la sua figura con altri protagonisti del “Secolo breve”, per cogliere convergenze e divergenze. Ma soprattutto si è costatato come la sua vicenda storica si sia profeticamente proiettata verso il cambiamento d’epoca nel quale siamo decisamente entrati.
Hanno preso la parola 20 relatori, rappresentanti di varie aeree scientifiche come la storia, la filosofia, la letteratura, la sociologia, l’economia, il diritto; ne segnalo solo alcuni per brevità: Andrea Riccardi, Miguel Angel Moratinos, Massimo Naro, Giulia Paola Di Nicola, Cristiana Freni, Vincenzo Buonomo, Alessandra Smerilli, Adriano Roccucci e Piero Coda.
Dalle relazioni presentate al convegno è emerso quanto Chiara abbia dato un contributo originale sia dal punto di vista religioso che civile. In ambito ecclesiale, la sua esperienza radicalizza un rapporto vitale con la Parola di Dio, rapporto che allora non era affatto consueto nella Chiesa cattolica. Così come l’accento sull’amore al fratello come strada privilegiata per andare a Dio suona inconsueto e contro tendenza in un ambiente cristiano molto concentrato sulla preghiera e devozione individuali e la pratica sacramentale, e ciò in conseguenza del Concilio tridentino. Chiara si proietta così verso un’autocomprensione della Chiesa che si confermerà in modo autorevole e universale con il Vaticano II.
E proprio in questa direzione, il convegno ha attirato l’attenzione, tra gli altri, su due aspetti che percorrono tutta la cultura cristiana del Novecento: quello della rivalutazione del ruolo dei laici e la progressiva attenzione al posto della donna. Due tematiche che mettono in stretto rapporto la cultura religiosa con quella civile, alle quali Chiara ha dato un apporto decisivo e determinante.
E qui passo a considerare ciò che è stato espresso riguardo alla dimensione sociale e politica. Chiara entra, molto più di quanto potrebbe sembrare, nel grande tema dei rapporti internazionali e della pace. E lo fa fornendo strumenti di dottrina e di prassi che gli “addetti ai lavori” possono ormai valorizzare e utilizzare, sia a livello teorico che di attività politica e diplomatica. Il convegno ha inteso ribadire (non poteva non farlo) anche l’originale contributo dato da Chiara alla dottrina e all’agire economico, ed è stato sottolineato che lo ha fatto “da donna e perché donna”.
Concludo sottolineando che il “dialogo a distanza” che questa “due giorni” ha realizzato tra Chiara e alcune tra le maggiori personalità “profetiche” del Novecento ha toccato un tema cruciale ancora oggi: Dio nella modernità è un terribile problema, addirittura si continua a farne una bandiera per scatenare e giustificare conflitti e violenze. Chiara ne ha fatto a livello mondiale e nelle più diverse situazioni socio-culturali e spirituali ciò che veramente è: un fattore di incontro e di unità, un fattore fondamentale di pace. Anzi, di più: Dio è l’autore e il principio dell’unità e della pace.
Queste sono alcune delle parole fondamentali che Chiara consegna al Terzo millennio.
E ascoltando queste ultime parole di Donato Falmi, non possiamo non avere davanti agli occhi le storiche immagini di Papa Francesco in Iraq, con l’incontro interreligioso nella Piana di Ur, e il suo grande appello alla fratellanza umana.