Cinquantatré anni fa, l’8 marzo 1968, veniva inaugurata ufficialmente, nel salone dell’allora “College”, la cittadella internazionale di Loppiano, nata nel 1964. Il testo che segue, tratto dal libro «Un silenzio che si fa vita. La “giornata” di Renata Borlone», di Giulio Marchesi e Alfredo Zirondoli (Città Nuova, 2005), ci riporta in quell’atmosfera.
Nel marzo ’68, quando la vita a Loppiano sembrò sufficientemente configurata, arrivò Chiara e, riuniti tutti gli abitanti – ormai più di cinquecento, comprese le famiglie, gli insegnanti, i responsabili delle scuole e delle diverse attività -, propose a tutti di «fondare» la cittadella di Loppiano costituendola ufficialmente con un suo nome (Mariapoli), un suo fine (render visibile l’unità per la quale Gesù ha pregato), una sua legge (l’amore reciproco che Gesù ha chiesto ai suoi) e delle proprie autorità. Ad ognuna di esse, in un’atmosfera di festa in cui gioco e realtà sembravano combinarsi, fu dato un ruolo e chiesto solennemente di fronte a tutti di formulare una promessa.
«Prometti tu – domandò Chiara a Renata – che a tutti i costi, anche della vita, e cioè della morte, salverai in questà città l’Ideale [cioè la spiritualità dell’unità che è il cuore della vita dell’Opera di Maria], in modo che nessuna idea lo deturpi, nessuna corrente lo deformi?». E la risposta, appena sussurrata, a causa dell’emozione fu: «Sì».
Una promessa che Renata non dimenticherà più.