Negli anni ’80, Loppiano si è trovata ad accogliere alcuni giovani con problemi di droga. Renata ha svolto un ruolo molto importante, di aiuto, di sostegno, di recupero, seguendoli con un amore speciale. Sandro Bosio era venuto per 15 giorni, che si sono trasformati poi in 20 anni, fino ad oggi. Ci racconta la “sua” Renata, nel giorno del 31° anniversario della sua morte.
«Da ragazzo, con alcuni dei miei amici, mi sono trovato coinvolto nel giro della droga. All’inizio “leggera”, più avanti anche “pesante”. Per 9 anni. Finché, dopo l’ennesimo tentativo di disintossicazione, grazie a una famiglia dei Focolari, che in quel periodo mi aveva ospitato, la mia vita ha cambiato radicalmente direzione. È stata la riscoperta del Vangelo, per averlo visto testimoniato con concretezza nella vita di ogni giorno. Ora la mia vita aveva un senso. Un senso profondo.
Quando sono arrivato a Loppiano, quindi, avevo chiuso con la droga. Mi trovavo, tuttavia, in quella fase di ricostruzione in cui c’è bisogno di un grande sostegno. Qui, c’era già Claudio, un mio coetaneo, anch’egli impegnato in un possibile recupero. Con lui abbiamo iniziato a lavorare e a partecipare attivamente, per quanto ci riusciva, alla vita della cittadella. Dai due iniziali che eravamo – seguiti dai responsabili della cittadella – abbiamo potuto ospitare e accompagnare, nel tempo, un bel gruppo di ragazzi che cercavano, come noi, di lasciarsi alle spalle esperienze di droga, di furti, di carcere.
Alcuni di noi ce l’hanno fatta, altri sono ricaduti in quell’inferno. Abitavamo in un appartamentino vicino a un focolare. Renata Borlone ci ha fatto, più di una volta, il regalo di venire a cena da noi, mettendosi subito alla nostra portata. Questo suo modo di comportarsi ci conquistò immediatamente. Per quanto mi riguarda, sempre, ogni volta che mi trovavo davanti a lei, avvertivo qualcosa di mai sperimentato: mi sentivo importante e prezioso per lei. Con la sua sola presenza faceva sentire dei privilegiati. Ci sentivamo i suoi pupilli, i suoi eletti… sembrava vivesse per noi. Ricordo come, nonostante le poche parole – Renata, infatti, viveva la sua fedeltà al carisma dell’unità più con i fatti che con le parole – non ci fosse mai stato un momento di imbarazzo, di silenzio, di quelli da riempire per forza o per convenienza. Sapeva farsi piccola, fin quasi a scomparire, così che tu potevi esprimerti fino in fondo.
Ho sempre sentito che avrei potuto contare su di lei, dirle tutto di me, come ad una sorella, come ad una mamma. Ciò che mi toccava profondamente era il suo sguardo: quando incrociava i miei occhi, anche se era insieme ad altre persone, era come fosse tutta per me, si illuminava ed era raggiante. Io sentivo, dentro in quei suoi occhi, qualcosa che potrei definire soprannaturale.
Quegli incontri, quella presenza forte di Renata è stata determinante in quel mio cammino. Oggi capisco che era l’Amore con la A maiuscola che Renata mi trasmetteva, che mi dava la forza di andare avanti al di là delle difficoltà, delle paure, della tentazione di tornare indietro che pure non mancavano.
Prima di arrivare a Loppiano avevo in fondo al cuore un solo desiderio: stare in un luogo dove mi si parlasse di Dio, dalla mattina alla sera. Renata sin dal primo momento ha capito questa mia sete e a poco a poco mi ha dissetato, facendomi sperimentare l’Amore di Dio. È stata lei, inoltre, a farmi riscoprire la bellezza e la maternità della Chiesa.
Quando era ormai agli ultimi suoi giorni, le ho scritto una lettera. Ho saputo che la teneva sul comodino perché voleva rispondermi. Poi non le è stato possibile, ma è come se mi avesse risposto.
Ho trovato la forza di ricominciare una vita nuova e, a mia volta, aiutare altri ragazzi e ragazze che avevano fatto la mia stessa esperienza, trasmettendo loro – come Renata aveva fatto con me – la speranza del perdono e la possibilità di sempre ricominciare…».