A Loppiano novembre vuol dire olive, frantoio, olio. E in questi giorni se ne vedono tanti di gruppi familiari che, armati di teli, rastrelli e cassette, lavorano in mezzo agli ulivi. Ne parliamo anche con Dario Petrucci, che coordina la raccolta delle olive e la produzione di olio per la Cooperativa Loppiano Prima.
Nella cultura andina la chiamano minga. È una tradizione precolombiana, di carattere comunitario e reciproco, e indica la collaborazione tra vicini a fini di utilità sociale. Così, quando è il tempo del raccolto, tutti lavorano nel campo di uno di loro, poi tutti vanno in un altro… A Loppiano, in questi giorni, se ne fanno tante di queste esperienze. Gli olivi sono sparsi su tutto il territorio della cittadella e spesso è necessario aiutarsi per non disperdere tutto quel bendidio.
Così, per esempio, Colomba, che vive a Casa Emmaus, ha aperto l’invito a quanti volessero collaborare con la raccolta (nel terreno intorno alla casa ce ne sono tanti di olivi) in cambio di un buon pranzetto. Sono arrivate più di venti persone: giovani, religiosi, sacerdoti, famiglie… All’aria aperta, ben distanziati, muniti di dispositivi di protezione personale, la raccolta delle olive si è trasformata in un’occasione per sperimentare quel clima di famiglia così caratteristico della cittadella.
Ma percorrendo le strade di Loppiano, soprattutto nei fine settimana, se ne trovano davvero tanti di gruppi intenti al lavoro: intorno alla casa della famiglia Piazza; vicino a S. Vito; in alto, verso il castello; e così via… E poi, una bottiglia di olio nuovo, di quello verde, è un regalo frequente e molto apprezzato in questi giorni tra vicini.
Ma c’è chi si dedica a questa raccolta e alla produzione di olio in grande scala. Parliamo della Cooperativa Loppiano Prima, che si prende cura dei terreni della cittadella fin dal 1973, anno della sua fondazione.
Dario Petrucci ci racconta i prodromi di questa raccolta:
«Le rarissime piogge di questa estate hanno rallentato la crescita delle olive, ma la temuta mosca non è arrivata. In vero ci eravamo premuniti spargendo sugli alberi il caolino che sbianca le foglie e confonde la mosca. Siamo un’azienda biologica e non facciamo trattamenti chimici, per questo spargiamo sugli alberi il caolino che è argilla bianca e permette alle foglie e ai frutti di respirare. Non ammazza le mosche, le confonde e non trovando il verde che le attira passano oltre e le olive sono salve».
E com’è andata la raccolta?
«Quest’anno è iniziata l’ultima settimana di ottobre in tutta la Toscana. Quasi 15 giorni prima del solito, ma tutti ci siamo dati da fare per non perdere giorni preziosi prima del temuto lockdown.
In settembre, aspettando la maturazione dell’uva, i volontari che erano venuti per la vendemmia ci hanno aiutato a togliere i polloni dalla base degli ulivi. È stato un lavoro preziosissimo che ci permette ora di stendere le reti facilmente. Purtroppo molti di loro, che avrebbero desiderato tanto tornare a Loppiano proprio per la raccolta delle olive, non hanno potuto muoversi, anche a causa della situazione sanitaria nazionale che è andata rapidamente peggiorando. Tre di loro, però, sono tornati a metà ottobre ed hanno continuato la rimozione dei polloni. Ora sono ancora con noi a raccogliere le olive».
Quindi è venuta a mancare la manodopera?
«Per sopperire a questa mancanza abbiamo acquistato nuove attrezzature per sveltire la raccolta. Poi ci sono i raccoglitori locali che, come negli anni scorsi, collaborano alla raccolta. Continueremo a lavorare fino a dicembre».
E che ci dici della qualità e della quantità di quest’anno?
«Il buon Dio è stato molto generoso, le olive sono veramente tante e la pioggia, seppure in ritardo, è arrivata ed ha fatto la sua parte. La resa dell’olio è bassa come in tutta la Toscana, ma quello che stiamo producendo è di ottima qualità: il profumo, il sapore, il colore sono irresistibili!!! Per me è una gioia grande andare al frantoio e vederlo venir fuori dalla centrifuga. Il frutto di tanto lavoro è arrivato, ora è pronto per raggiungere i soci che l’attendono. Fett’unta, Bruschetta, Pane arruscat’, chiamatelo come volete… è sempre un’esperienza unica gustarlo e accompagnarlo con i nostri vini».