Don Pasquale Foresi era considerato da Chiara Lubich uno dei cofondatori del Movimento dei Focolari eppure, non solo è figura poco nota nel panorama della Chiesa del ‘900 ma anche tra i focolarini stessi. L’editrice Città Nuova ora esce con la prima parte della sua biografia intitolata: “In fuga per la verità”. Scopriamo, dialogando con l’autore, Michele Zanzucchi, il fascino di questo personaggio che, attraversando le vicende di due secoli, sembra aver vissuto non una ma tre vite diverse.
Ci incontriamo nella biblioteca a lui intitolata, quella dell’Istituto Universitario Sophia, qui a Loppiano. La biblioteca “Pasquale Foresi” è luminosa, silenziosa e accogliente, in questa ancora estiva mattinata settembrina. Il luogo giusto per ricordare una storia tanto intensa e densa di avvenimenti, di vere e proprie avventure, quale è stata quella di don Pasquale Foresi, cofondatore e primo corresponsabile, con Chiara Lubich, del Movimento dei Focolari. Michele Zanzucchi, autore del libro, ha impiegato diversi anni nel tentativo di ricostruire le vicende che l’hanno caratterizzata, e alla fine è nato “In fuga per la verità”, primo di tre libri editi da Città Nuova che comporranno la biografia di don Pasquale Foresi.
In questo primo libro, racconti gli anni che vanno dalla nascita, nel 1929, fino all’ordinazione sacerdotale di Foresi, nel 1954. Forse, sono i più sconosciuti, quelli della formazione… Proprio riferendosi a questo periodo, lui stesso, nel 1971, disse ad un gruppo di religiose: «La prima parte della mia storia non ve la posso raccontare perché vi scandalizzerei». Tu cosa sei riuscito a ricostruire di questo giovanissimo Foresi?
«Di questo giovanissimo Foresi ho ricostruito a grandi linee il percorso, grazie ad una serie di lettere e documenti lasciati dalla sorella Piera, che mi hanno permesso, come delle molliche di Pollicino, di risalire un po’ e ritrovare il suo percorso, che è estremamente complesso e può sembrare un po’ sorprendente! Per farla breve, a 14 anni, il giorno dell’Armistizio, è scappato di casa per servire la Patria. Voleva partire con l’esercito ma l’esercito italiano non c’era più, era in rotta. Così, è stato arruolato dalle “brigate nere”, e ha combattuto con loro contro i partigiani per due, tre mesi, in Toscana soprattutto. Poi, è stato trasferito sul fronte di Cassino, per combattere al fianco dei nazisti. Nel frattempo, però, Foresi aveva iniziato un percorso personale di, direi, conversione non solo religiosa ma prima di tutto filosofica, di pensiero. Aveva capito che quella vita, a parte la difficoltà materiale della vita in guerra – aveva 14 anni – ma che quella vita non era la pienezza dell’esistenza di un uomo. E allora, una notte, è fuggito, liberando un certo numero di prigionieri, dei soldati disertori italiani che, l’indomani, dovevano essere passati per le armi. Lui li ha fatti fuggire e lui stesso è fuggito, assieme ad un commilitone, Ezio Giovannelli. Sono stati raccolti da una pastorella a Vico nel Lazio, in Ciociaria, e per tre mesi ha vissuto lì. Ha conosciuto diversi partigiani, ha vissuto alla macchia, perché i tedeschi erano anche a Vico. Dopo tre mesi è fuggito. Ha vissuto tante altre avventure, fin quando non è tornato dalla guerra, dopo la Liberazione. È stato a casa qualche settimana e poi se ne è andato in seminario. Per poi uscirne… ma questa è un’altra storia».
Non sveliamo tutta la storia… Chiara Lubich lo considerava uno dei cofondatori del Movimento dei Focolari con Igino Giordani, eppure, delle tre figure, è certamente la meno conosciuta, anche dai focolarini stessi. Sai dirci perché?
«Che sia la meno conosciuta è anche naturale perché, dopo un periodo di lunga ed estremamente intensa attività che lo ha visto accanto a Chiara (dal 1950 fino al 1967-68), a causa di una malattia, ha dovuto ritirarsi dalla vita pubblica. È rimasto sempre accanto a lei ma non con quell’attività ed iniziativa che aveva in precedenza. Giordani ha tutta una tradizione, ha un Centro che ne coltiva la memoria. Foresi è l’ultimo dei tre a morire, è morto nel 2015, e solo adesso si comincia ad interessarsene. Ed è importante che lo si faccia, per il valore in sé della persona. Era poco conosciuta anche all’interno del Movimento, soprattutto nella sua prima fase di vita. Direi, addirittura, che la stessa Lubich non era al corrente di ciò che Foresi aveva fatto prima di incontrare il Movimento dei Focolari, se non in minima parte… Questo faceva parte dell’atteggiamento di Chiara, che non si interessava al passato delle persone ma era più interessata al presente e alla loro conversione».
Nella prefazione al libro, tu scrivi, a proposito del rapporto che ebbe con Chiara Lubich: “Pasquale seppe porsi di fronte alla fondatrice, e non alle sue spalle (come le focolarine), o al suo fianco (come Giordani): Foresi seppe aiutare la Lubich a fondare un’opera complessa e articolata, se così si può dire, frenandone l’impeto fondatore, non con spirito censorio ma affinché nascessero opere durature”. Cosa intendevi?
«Foresi è stato una delle pochissime persone, credo l’unica che, all’interno del Movimento dei Focolari, ha veramente saputo dire a Chiara “no”. Non è che lo diceva per dirle “no”, lo ha fatto perché era, diciamo, colui che il Signore aveva pensato di mettere accanto a Chiara per incarnare e realizzare le intuizioni mistiche di Chiara. Quindi, il compito di don Foresi è stato anche quello di dire di “no” a Chiara, perché probabilmente lei avrebbe fatto delle cose straordinarie, che però non avrebbero avuto una realizzazione pratica, sarebbero morte. Per cui, è una funzione oscura quella di Foresi ma importantissima».
Don Foresi è stato anche la persona che ha contribuito fortemente alla realizzazione di opere che ancora esprimono la spiritualità dei Focolari: la casa editrice Città Nuova, il Centro Mariapoli di Castelgandolfo… e Loppiano. Tu che l’hai conosciuto e intervistato tante volte… come capì che quella terra che era venuto a vedere per venderla poteva diventare il primo esperimento di una “mariapoli” permanente?
«In Foresi c’era un’intelligenza straordinaria, sintetica, non analitica. I suoi libri non danno ragione di tutto quello che lui sapeva perché in qualche modo non aveva la pazienza o il tempo di mettersi a fare dei libri di analisi filosofica. In particolare, però, lui aveva una conoscenza fuori dal comune, per il pensiero dell’epoca, e riusciva a fare delle sintesi operative. È questa la sua grande capacità. Chiara lo ha scelto perché l’aiutava ad incarnare.
Si era ricevuto in eredità questo appezzamento di terreno da Vincenzo Folonari, attorno alla villa che era stata di Giovanni Papini, la Tenuta Loppiano. Prima di venderla Foresi dice “ma andiamo a vederla”. È venuto quassù con, mi sembra, Giorgio Marchetti, mio padre Danilo e un’altra persona. Hanno visto questo terreno e lì, è nata l’idea di farne un centro stabile. Poi, ne ha parlato con Chiara e, nel vai e vieni delle discussioni si è pensato di farne il centro per la scuola dei focolarini, ed è partito tutto il progetto Loppiano. Ricordo una lunga conversazione che ho avuto con lui nel 1985, dopo che, nel 1967, si era ammalato, per il primo libro su Loppiano. Per ore, mi aveva raccontato la sua disperazione per aver tradito, in qualche modo, il disegno di Dio. Lui aveva… e questo faceva parte della sua prova spirituale, lui aveva l’impressione di aver tradito quello che era il carisma di Chiara Lubich. In realtà, Chiara ha detto mille volte che non c’era stato tradimento anzi, è stata lei stessa a mettere il marchio su Loppiano, che poi è diventata il modello per tante altre cittadelle nel mondo».
Insomma, “In fuga dalla verità” è un libro che vi consigliamo, perché è avvincente come un romanzo. Oltre alla storia del protagonista, ha la capacità di farti assaporare le atmosfere e la complessità affascinante di un’epoca, quella della prima metà del 1900.