Samuele Vannacci, un giovane che da circa 13 anni vive a Loppiano con la famiglia, racconta della sua passione per le api. Scopriamo con lui un modo per ricostruire il nostro rapporto con la natura e rispondere all’emergenza climatica.
Forse non tutti i nostri lettori sanno che, come troviamo sul web, in uno dei numerosi siti che si occupano di api, «le piante che si affidano all’impollinazione entomofila (ovvero resa possibile dagli insetti) sono tantissime. Le stime parlano di quasi il 90% delle piante selvatiche e il 75% delle colture a scopo alimentare. Non è quindi un’esagerazione dire che, se non ci fossero più le api, non potremmo mangiare la maggior parte del cibo che troviamo tutti i giorni sulla nostra tavola. E questo non vale solo per frutta e verdura! Anche la produzione di carne e dei prodotti derivanti dal latte subirebbe un calo significativo. Come mai? In realtà la risposta è semplicissima. Una gran parte delle piante foraggere, ovvero utilizzate per nutrire le bestie da allevamento, sono impollinate dalle api».
Samuele Vannacci, 25 anni, che vive a Loppiano con la sua famiglia da più di 13, ha scoperto tutto questo quasi per caso. «Cercavo in youtube dei video su come coltivare il piccolo orto vicino casa e mi sono imbattuto nell’apicultura. Più precisamente, ha attirato la mia attenzione un video che presentava un nuovo metodo per la raccolta del miele, messo a punto in Australia. Da un video all’altro, mi sono ritrovato dentro una grande passione per le api e il loro mondo».
Intanto lavora come cameriere in un ristorante della zona, ma il suo hobby ormai sono loro, le api. «Due anni e mezzo fa ho fatto un corso presso l’Arpat, Associazione Regionale Produttori Apistici Toscani, un corso di due mesi, con lezioni teoriche e pratiche. Ad aprile ho finito e a maggio avevo già comprato le prime due famiglie di api». Ovviamente, il primo problema da risolvere era: dove sistemare le arnie?
«Ho chiesto alla Cooperativa Loppiano Prima se potevo usare uno dei loro terreni. Mi hanno messo a disposizione quello dietro all’anfiteatro, dove ci sono ciliegi e noci, oltre a castagni, acacie e tanto altro tutt’intorno. Andava benissimo!».
Da allora Samuele dedica parte del suo tempo libero alla cura delle api: almeno una volta alla settimana va a controllare ogni famiglia, si assicura che la regina stia covando bene, che non ci siano malattie. «Non è come avere un animale domestico a cui bisogna dare da mangiare perché non è in grado di procurarselo da solo. Le api sanno come vivere, come alimentarsi… purtroppo, però, noi umani abbiamo messo in circolazione una tale quantità di pesticidi e di veleni vari, che gli insetti, così importanti per preservare gli ecosistemi, si ammalano e muoiono, tanto che rischiano l’estinzione».
È veramente così allarmante la situazione? Sempre dal web: «I dati che emergono da numerosi studi arrivano a parlare addirittura di una vera e propria “apocalisse degli insetti”. I ritmi con cui scompaiono sono impressionanti. Con questo trend, nell’arco di poche decine di anni, il 40% delle specie di insetti potrebbe essere estinto».
«Per me, ora, è solo un hobby – continua a raccontare Samuele con il suo simpatico accento toscano – ma vorrei che si trasformasse nel mio lavoro. Sogno di aprire, in futuro, un’azienda agricola, ma per questo c’è bisogno di investimenti, quindi è un progetto a lungo termine».
Intanto la sua passione cresce perché ne vede già i frutti: «Ora sono alla terza stagione e l’anno scorso ho raccolto il mio primo chilo di miele. È una grande soddisfazione: io mi prendo cura di loro e loro, le api, mi regalano quello che producono in sovrappiù. E non si tratta solo di miele, c’è anche la cera, la propoli. Tutto quello che producono le api può essere utilizzato da noi umani».
Non vi sembra che sotto questa attività ci sia un’etica? Secondo Samuele sì: «L’apicoltore è prima di tutto un curatore di api: impara a prendersi cura di loro e riceve in cambio un sacco di cose buone che fanno bene».