Quando “malattia” si traduce con “rinascita”

12 Feb 2020 | Vita

In occasione della Giornata Mondiale del Malato, che si celebra oggi, martedì 11 febbraio, pubblichiamo l’esperienza di Umberto Ferro, focolarino sposato, originario di Pompei, che 18 anni fa si è trasferito a Loppiano.

 «Devo premettere che quando mi sono ammalato, – racconta Umberto con il suo spiccato accento napoletano, è originario infatti di Pompei – stavo attraversando forse uno dei momenti peggiori della mia vita. Siccome avevo perso il lavoro (alla mia età, sono già nonno!), ero arrabbiato con Dio e con tutti. Avevo mollato tutti i miei impegni, sia quelli in parrocchia che a Loppiano. Niente aveva più senso per me».

Ed è proprio in quella situazione di “lontananza” che Dio trova il modo di irrompere nuovamente nella storia di Umberto: «Era il 4 agosto del 2018. Eravamo in parrocchia per fare gli auguri al parroco per il suo compleanno. Improvvisamente, svengo e mi risveglio nell’abitacolo di un’autoambulanza».

Umberto viene portato ad Ancona, in un centro specializzato, dove gli viene fatta una diagnosi di una certa gravità: è necessario un intervento al cuore. «Ai primi di settembre entro in sala operatoria. Tutto va benissimo, tanto che dopo 4 giorni mi dimettono. Ma il peggio doveva ancora venire».

Sopraggiunge, infatti, una seria complicazione e si rende necessaria una seconda operazione. Questa volta il rischio è altissimo e sia lui che la famiglia vengono avvisati. Tutta Loppiano prega per il buon esito dell’intervento.

«Quando mi hanno spiegato che potevo anche non uscirne vivo, mi sono messo davanti a Dio e ho rivisto la mia vita con tutti i suoi alti e bassi. Era come se Gesù in fondo al cuore mi dicesse: “Preparati che stai per raggiungermi”. Ma quest’idea non faceva che intristirmi, una grande malinconia mi stava afferrando l’anima e chiesi all’infermiera di lasciarmi solo un momento. Lei uscì dalla stanza e chiuse la porta. Non mi ero mai accorto che dietro a quella porta c’era un poster, un’immagine di Gesù con una scritta: “Non temere, io sarò sempre con te”. Quella frase mi scosse e tutto cambiò dentro di me. Improvvisamente la malinconia lasciò spazio ad una grande serenità. Ora volevo solo mettermi nelle mani di Dio, fare la sua volontà. E, cosa strana, sono entrato in sala operatoria con una certezza: andrà tutto bene».

Quando Umberto ricorda quei momenti parla di una rinascita: «Da allora, la mia vita è cambiata. Ho capito che dovevo, anzi potevo ricominciare ad amare, che stava a me fare il primo passo verso gli altri. È strano, ma nel momento in cui ho deciso di avvicinarmi di nuovo alle persone, ho avuto l’impressione che tutti mi stessero venendo incontro. Ora sono tornato ad impegnarmi in parrocchia e sto collaborando, nella cittadella, in tutto quello che posso. Ma la cosa che più mi interessa è dire a tutti che sono pronto a dare la vita per ciascuno. La malattia è diventata per me una nuova nascita, mi è stata data una seconda opportunità per lodare Dio e dargli testimonianza».

Malattia e rinascita, malattia e incontro con Gesù. Sono questi binomi, quasi paradossali, che ci fanno pensare alle parole di Papa Francesco nel suo messaggio in occasione della XXVIII Giornata Mondiale del Malato: «Gesù Cristo, a chi vive l’angoscia per la propria situazione di fragilità, dolore e debolezza, non impone leggi, ma offre la sua misericordia, cioè la sua persona ristoratrice. Gesù guarda l’umanità ferita. Egli ha occhi che vedono, che si accorgono, perché guardano in profondità, non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno, invitando ciascuno ad entrare nella sua vita per fare esperienza di tenerezza».

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