Siamo agli inizi degli anni ’80, Elda Pardi ha circa cinquant’anni e, dopo varie peregrinazioni, è tornata a vivere a Firenze con il marito, nella sua città natale. È felice in quella realtà in cui tutto parla d’arte. Finché, qualcuno non la coinvolge in un sogno: collaborare alla nascita, nella cittadella di Loppiano, di una scuola per famiglie.
Elda Pardi, oggi, ha la bellezza di 87 anni ma ne dimostra molti di meno. Andiamo a trovarla a casa sua, uno dei focolari di Loppiano, dove ci accoglie in un soggiorno dalla grande vetrata, che ci fa sentire come immersi nella luce verde dei campi e dei cipressi toscani: il luogo ideale per entrare in punta di piedi nella storia di questa donna, “toscana D.O.C.”, elegante e semplice allo stesso tempo.
Elda ha conosciuto il Movimento dei Focolari attraverso Silvana Veronesi, una delle prime compagne di Chiara Lubich che, negli anni ’50, alloggiava nello stesso pensionato universitario a Firenze. Racconta: «Io ho avuto una formazione laicista. Fra i banchi di scuola, nel pensionato, ho fatto amicizia con quella che mi sembrava la ragazza più in gamba. Era trentina, intelligente, poi ho capito che andava a messa tutti i giorni! Questa è stata una gran meraviglia per me! Una persona così intelligente che aveva bisogno di andare a messa tutti i giorni!».
Così, Elda le espone i suoi dubbi di fede, le critiche nei confronti della Chiesa e Silvana, invece di darle delle risposte dogmatiche, le racconta una storia: «Era la storia di Dio tra gli uomini, fra quel primo gruppo di ragazze a Trento, embrione del Movimento dei Focolari. A me sembrava, di aver trovato quello che volevo insegnare, qualcosa che poteva cambiare la politica, la società… Per cui mi dissi, non devo perdere questo contatto».
Sull’onda di quelle scoperte, Elda ritorna, dopo tanti anni, alla confessione, poi prova a vivere anche lei la Parola, il Vangelo, cercando di amare ogni persona che le passa accanto come fosse Gesù: «Io che prima facevo delle distinzioni tra le persone, e che vivevo in un rapporto di competizione, quasi di rivalsa, nei confronti dei ragazzi, scoprivo che c’era Dio anche in loro».
Con questi occhi nuovi comincia a guardare anche un giovane ingegnere che già si era manifestato nei suoi confronti: «Non mi decidevo ad accettare, perché con il matrimonio vedevo chiudersi qualsiasi possibilità di realizzazione, che per me era nell’ambito lavorativo e sociale. A poco, a poco, ho visto in questo giovane delle qualità, e in poche parole, mi sono fidanzata con Alfredo».
Con il fidanzamento, comincia per lei un periodo molto intenso spiritualmente: «Sentivo in me che non avevo più necessità di uniformarmi a modelli esteriori. Non avevo trovato solo Dio, io avevo trovato anche la mia identità di donna».
Alfredo non condivide lo stesso entusiasmo di Elda per la fede ma la rispetta e decidono di sposarsi. Elda lo annuncia a Silvana Veronesi, con cui era rimasta in contatto, in una lettera: «Lei, tra le altre cose, citò una lettera che Chiara Lubich aveva scritto alla sorella fidanzata, che poi è diventata un pezzo di letteratura del movimento Famiglie Nuove e che io imparai a memoria. Diceva: “Non dividere il tuo cuore in terra, uno è l’amore, l’amore per Dio, ma tu poiché quella è la Sua volontà, lo devi vedere soprattutto in un cuore… Se poco ami lui, poco ami Dio”». Quella lettera diventa il caposaldo del suo rapporto con Alfredo.
Comincia così, una vita di spostamenti, in giro per l’Italia, seguendo gli incarichi di Alfredo, la famiglia, i figli, gioie e dolori, il contatto con ambienti sociali diversi, dove Elda continua a vivere e a testimoniare quel Dio tra gli uomini che aveva scoperto da universitaria. Con gli anni ’80, rientrano a Firenze, nella sua città natale.
Grazie alla vicinanza con Loppiano, Elda comincia a frequentare assiduamente la cittadella e vi scopre: «Una presenza fra la gente, per le strade, qualcosa che, poco a poco, mi ha fatto mettere da parte quel Dio splendidamente dipinto nella mia città, per immergermi sempre di più in questo Dio semplicemente vivo e vero fra gli uomini».
Anche Alfredo, qualche volta, l’accompagna e l’aiuta a scoprire la valenza concreta, sociale e politica, dell’esperienza che si vive nella cittadella: «Quante volte mi ha parlato con entusiasmo della Cooperativa Loppiano Prima! Ne apprezzava il rispetto evangelico per la natura, quel produrre biologico ante-litteram che la distingueva da altre cooperative dell’epoca» commenta Elda.
Poi, proprio dalla cittadella le arriva una richiesta: partecipare alla fondazione di una scuola di formazione per famiglie, la Scuola “Loreto”: «Alla richiesta, risposi subito: presente!».
Così, da varie parti del mondo, cominciano ad arrivare le prime famiglie ma mancano le case o bisognava restaurarle: «Che si fosse ingegneri o medici, tutti ci si rimboccava le maniche, e si ripulivano i laterizi per i nuovi appartamenti».
Quest’esperienza avvicina ancora di più Elda e Alfredo: «Scoprivamo la bellezza della nostra famiglia, dell’amore che ci legava, che era come un dono di Dio. Ci sembravano nostre le parole con cui Chiara aveva battezzato la Scuola delle famiglie: “Loreto, perché si ripeta in voi l’esperienza della famiglia di Nazareth, Gesù in mezzo a voi, per dare a tanti la gioia”. Quindi, l’unità nella famiglia ma per le famiglie, per la fraternità di tutti. Poco alla volta la nostra cultura, a contatto con persone di tutto il mondo, si è allargata oltre i confini della “toscanicità”, ed è diventata “intercultura”».
Questi primi anni, appassionanti e costruttivi, preparano Elda a vivere il momento più buio della sua vita: nel 1992, viene diagnosticata ad Alfredo una malattia incurabile che, in pochi mesi, lo porta alla morte.
«Ho sentito un vuoto immenso, qualcosa che si è spezzato dentro, nell’anima e nel fisico. Durante la malattia non parlavamo di morte, anche se io morivo un po’ ogni giorno con lui, ma lui viveva per me» racconta Elda. Durante la malattia, Alfredo sembra prepararla al distacco: «Tacitamente mi diceva: “Non ti ripiegare su te stessa, sul tuo dolore. Io ti lascio libera dal vincolo matrimoniale ma tu usa bene di questa libertà”. Io credo che per questo ho sentito la spinta a darmi anima e corpo, a trasferirmi a Loppiano non solo per la Scuola Loreto, ma per tutta la cittadella».
Dal 1996 al 2008, Elda si occupa del rapporto con l’amministrazione locale, del dialogo con le istituzioni, della pianificazione urbana, i compiti che oggi sono affidati al co-responsabile operativo di Loppiano: «Erano tutte cose che non avevo mai fatto, ma che mi hanno permesso di seguire, quasi di accompagnare la cittadella in buona parte della sua evoluzione: la nascita del Polo, la costruzione del Santuario, lo sviluppo delle scuole di formazione…».
A proposito di scuole, quella per le famiglie, oggi conta su 12 alloggi e ogni anno arrivano da tutto il mondo per fare questa particolare esperienza.
«Per me, è come assistere ogni volta ad un miracolo:» conclude Elda «persone che sospendono il proprio lavoro, che magari vendono la macchina, lasciano tutto e vengono qui. È come se rispondessero a una chiamata di Dio, a una vocazione laica. È come se Dio avesse bisogno di famiglie intere che portino la fraternità nel mondo. E per questo sogno darei la vita mille volte».